Zeppole di San Giuseppe

Strano come seppur capitando sempre in piena Quaresima, la Festa del Papà si trascini dietro da Nord a Sud la goduriosa leccornia fritta e ripiena di crema pasticcera delle Zeppole di San Giuseppe. Napoli ne rivendica le origini, per via del fatto che la prima traccia scritta di questa ricetta si trova nel libro di Ippolito Cavalcanti La Cucina teorico pratica pubblicato nel 1837. Duca di Buonvicino, letterato e cuoco italiano, discendente della famiglia del Guido Cavalcanti nominato da Dante nella Divina Commedia originaria della Toscana ma che si trasferì nel Regno di Napoli nel 1311. La ricetta sarebbe stata creata nel Convento di San Gregorio Armeno, ma in realtà l’origine sarebbe più lontana, risalendo addirittura agli Antichi Romani. La leggenda lega la tradizione di queste frittelle a San Giuseppe perché pare che, dopo la fuga dall’Egitto Giuseppe per mantenere Maria e Gesù abbia fritto frittelle per strada. Anche il nome zeppola è strettamente legato a San Giuseppe, zeppa è infatti il pezzetto di legno che si mette sotto ai mobili o ai tavoli per correggere il difetto di equilibrio che a volte possono avere (quello che a Roma si chiama tacchia e che ha dato anche il nome ad un film mitico di Enrico Montesano Il Conte Tacchia), e San Giuseppe era, appunto, falegname (molto prima che maestro dello street food dell’epoca!). Tanti i tipi di zeppole che si preparano da Nord a Sud, le vetrine delle pasticcerie milanesi, ad esempio, nel periodo della Festa del Papà, si riempiono di queste ciambelle di pasta choux guarnite al centro da crema pasticcera e sormontate da un’ amarena sopra, ma nelle mie Marche, le zeppole sono ciambelle il cui impasto contiene patata bollita, fritte poi nello strutto cosparse di zucchero semolato e preparate per il Carnevale. E ancora, a Reggio Calabria vengono farcite con ricotta zucchero cannella e limone grattugiato, mentre in Sicilia vengono condite solo con miele d’arancio zucchero e cannella. Meritano una menzione a parte le zeppole carinolesi, realizzate nel territorio di Carinola in provincia di Caserta, qui non sono ciambelle ma una sorta di crepe non fritta ma cotta in un ruoto posto sul fuoco guarnita poi con zucchero semolato e mangiata (come tradizione vuole) spezzettandola con le mani. Tante anche le feste organizzate per San Giuseppe e tutte legate alla terra e ai suoi cicli produttivi. Il 19 marzo infatti celebra la primavera in arrivo, la rinascita della terra dopo il periodo di riposo invernale, il ritorno alla vita che sboccia, fatto che viene celebrato appunto, in molte di queste feste, con il rito dell’accensione di grandi falò che bruciano l’inverno per lasciare il posto alla primavera. Rispettando quanto scritto in questo articolo, ti lascio con la ricetta originale delle zeppole, quella appunto scritta da Ippolito Cavalcanti, che non prevedeva all’epoca la farcitura con la crema pasticcera ma, come leggerai tu stesso, con la giulebbe (nome di derivazione araba) cioè uno sciroppo fatto di acqua zuccherata aromatizzata generalmente alle rose. Hai visto? Sembra niente e invece anche la festa del papà parte da un origine lontana nel tempo che si fonde con mille popoli e civiltà e come sempre attraversa nel profondo le nostre tradizioni. Del resto…i papà esistono da sempre…e attraverso le righe di questo breve articolo colgo l’occasione per fare gli auguri a tutti i papà, a chi già ricopre questo ruolo, a chi si appresta a ricoprirlo, purché lo facciate con amore, siete e sarete sempre una delle due persone che per sempre rimarrà impressa nella mente e nel cuore di tuo figlio. E ora ingredienti alla mano…questa volta sarà il Duca di Buonvicino a seguirti nella realizzazione delle zeppole…

Buon Appetito!

Porrai sulla fornella a bollire una casseruola  con una caraffa  e mezzo d’acqua, e mezzo bicchiere di vino bianco quando sta per bollire, allora ci mescolerai diligentemente un rotolo di ottimo fior di farina, e con lo stendarello lo girerai  sempre fin che la pasta  si stacca dal bordo della casseruola, allora è il vero punto di cottura, lo porrai sulla tavola  di marmo appena con un punto d’oglio, e la rammasserai con la mescola; raffredatasi alquanto, che rendesi  maneggiabile, ne farai tante giuste porzioni e di ciascuna di esse ne formerai  un tortanetto,  che friggerai con oglio, o con strutto, ma che le zeppole vadano galleggianti nella padella; fatta appena la primiera e leggiera crosta le rivolterai, e le principierai a pungere, o con forchettone oppure con strumento di legno fatto precisamente, perché così si vuoteranno, bandando che non si bruciano, e se vedi, che la padella fosse molto arroventata la toglierai dalla fornella gondolando empre; divenute color d’oro le farai sgocciolare con sotto una carta floscia, l’accomoderai nel piatto proprio a piramide versandoci del giulebbe strettissimo, polverizzandole di zucchero.