Brescia dista da Milano solo il tempo di un oretta circa di viaggio con un treno regionale, tempo che io e la mia amica Serena, che mi ha accompagnata, abbiamo trascorso parlando del più e del meno. L’idea di questa gita fuori porta è arrivata da un libro che sto leggendo, in “Un favoloso appartamento a Parigi” il filo conduttore della trama è un dipinto di Giovanni Boldini raffigurante una donna, Marthe de Florian, la cui vita affascina la giovane antiquaria americana che trova il quadro nell’appartamento parigino, dove è stata mandata dalla casa d’aste per la quale lavora, al fine di catalogare i pezzi di antiquariato che, appunto, saranno oggetto di un asta….Leggo questo libro in metro, la mattina, andando a lavoro, e un giorno, non ricordo esattamente come, forse in Fb, mi imbatto in un annuncio che segnala una mostra a Brescia dal titolo “Da Hayez a Boldini: anima e volti della pittura dell’Ottocento”, la coincidenza è troppo meravigliosa, decido che prima o poi devo andare (sempre meglio prima che poi!). Ma della mostra ti racconterò dopo…Il tempo oggi non era dei migliori ma questo non ha rubato il fascino ad una città molto bella sul serio, ricca di storia e di un fascino davvero senza tempo. Come consuetudine anche nelle altre mie cartoline della rubrica, il percorso che questo articolo seguirà sarà lo stesso fatto a piedi da me nel corso della giornata, con lo stesso esatto ordine. Arriviamo in stazione a Brescia verso le 12:40, decidiamo di procedere subito con il pranzo, per avere poi tutto il pomeriggio da dedicare alle varie visite. Imbocchiamo quindi, per raggiungere il ristorante, Corso Martiri della Libertà e poco dopo, nel grigio di un cielo carico di pioggia, ci accolgono
il bianco del marmo e delle cesellature della facciata della Chiesa di Santa Maria dei Miracoli, iniziata a costruire nel 1488, al posto di una casa comprata dal comune proprio per essere sostituita dal santuario. Sulla facciata dell’abitazione c’era affrescata un immagine della Madonna con bambino che ebbe il potere di fare dei miracoli durante la peste che afflisse Brescia tra il 1480 e il 1484, e la città volle celebrare così la fine della pestilenza. Lungo la stessa via Serena si lascia tentare da una pasticceria già di sua conoscenza e non resiste a dei tortelli fritti, e mentre lei mangiava io ho fatto due chiacchiere con la commessa, così, per sapere ad esempio quale fosse il dolce più tipico di Brescia, mi racconta del bossolà, tipico natalizio ma che viene preparato anche per le festività pasquali. Mi spiega che il sapore ricorda il pandoro ma consistenza e lievitazione sono diverse.
Pit-stop pasticceria finito arriviamo in Piazza della Vittoria, realizzata nel 1932 a seguito della demolizione di una parte medievale della città, la piazza è un’altro degli esempi più belli di architettura del ventennio fascista. Ed è qui che incontriamo l’Architetto Lussignoli, al quale semplicemente chiedo dove sia il ristorante I Dù dela Contrada, mi risponde che per andare a casa ci deve passare, abita a 20mt dal locale e che, se ci fa piacere, ci accompagna. Con un vento insistente che non rende nemmeno possibile il tenere aperto l’ombrello per ripararsi dalla pioggia ci fa da Cicerone, lui è appassionato di storia, conosce la città avendola vissuta da sempre e ce ne spiega le origini, fondata in epoca romanica, si espande poi in età medievale con la nascita di altri due quartieri per poi conoscere un espansione ancora maggiore nel periodo veneto. La città conserva tracce precise, giustamente e scrupolosamente conservate di tutte e tre i grandi periodi che sono stati protagonisti della sua storia, la Piazza della Loggia è un chiaro segno del periodo veneto, con un loggiato che ricorda quello di Piazza San Marco a Venezia. Congedandoci dal nostro gentilissimo accompagnatore è tempo di ripararci dalla pioggia e dal vento in questo delizioso ristorante, a suggerirlo a Serena (che lo ha prenotato) è stata Marta, una sua amica di Brescia che incontreremo più tardi. Da I Dù dela Contrada l’ambiente è colorato, accogliente, vivace, ricco di tantissimi oggetti che io mi
sono persa a guardare, aspirapolveri anni 50, telefoni a cornetta con la rotella, vecchie radio, strumenti musicali, giradischi, il menù scritto sulla lavagna e qualche “fuori carta” che viene comunicato a voce, colori a cera per ingannare l’attesa della preparazione dei piatti colorando sulle tovagliette di carta. Sembra di entrare in casa, mangiare in famiglia, sensazione amplificata una volta assaggiato il cibo, che è quello, appunto, della cucina in famiglia di un giorno di festa. La scelta era quasi d’obbligo, i casoncelli bresciani andavano assaggiati, al ripieno di carne o di zucca,
accompagnati da un ottimo e morbidissimo brasato
Simpatici Andrea e Mauro, disponibili, attenti e alla mano, del secondo c’era un disegno appeso realizzato da una bambina che diceva chiaramente che i baffi di Mauro erano bellissimi. Lui ha simpaticamente concordato, ed è stato sempre Mauro a riferirmi uno dei piatti “fuori carta” che ha colto la mia attenzione, l’uovo al ciarighì, cioè l’uovo fritto (rigorosamente al burro). Ciarighì deriva da ciareghécc, cioè chierichetto, che vestiva, per servire la messa, con la tonaca rossa e la cotta bianco candido, gli stessi colori dell’uovo. Dopo un bel caffè, il mio lungo, in tazza grande, non americano ma lungo…ripartiamo alla scoperta di Brescia. La mostra di pittura ha sede all’interno di Palazzo Martinengo, in Via Musei e proprio prima, giusto all’inizio di questa via facciamo una visita alla chiesa di Santa Maria della Carità, bellissima, un gioiello davvero. All’interno contiene una fedele riproduzione del Santuario della Santa Casa di Loreto, la casina è più piccolina ma visitabile e dopo una preghiera all’interno uscendo ci accoglie una gentile signora che ci lascia alcuni cenni sulla chiesa. Mi ha sentita che, da brava marchigiana, ho riconosciuto la madonna di Loreto e mi dice che non solo conosce le Marche ma, quando parlando le dico il nome del mio paese, mi risponde che ha visitato Petritoli un estate di qualche anno fa, accompagnata da una sua amica appartenente alla famiglia petritolese dei Donati. La mia emozione nel sentirla dire questo non ve la posso nemmeno descrivere! Uscendo ci inginocchiamo in un punto indicatoci dalla signora per salutare la riproduzione della Madonna di Loreto guardandola oltre la grata posta sull’altare maggiore. Proseguiamo per Via Musei per raggiungere gli oltre cento dipinti che compongono la mostra a Palazzo Martinengo, tutti italiani che hanno realizzato le loro opere nel corso dell’800 divisi a seconda delle varie correnti di cui hanno fatto parte, dal neoclassicismo al romanticismo, la scapigliatura, dai macchiaioli agli orientalisti, come sempre quando si ammira l’arte si resta affascinati da una o più opere, non era permesso fare foto, ma io una l’ho dovuta rubare per forza (e pure qualcuna di più!!!)
La Maria Stuarda che sale al patibolo di Francesco Hayez, quel blu elettrico che tende al viola mi ha rapita. Il dipinto di Giovanni Boldini della donna di cui si parla nel libro, invece, non è quello dell’immagine di copertina dell’articolo, lei è la Principessa Radziwill che sfoggia un diamante alla mano destra che mi ha conquistata. La donna del libro invece è lei Marthe de Florian.
non in esposizione alla mostra. Boldini è il pittore del celebre ritratto di Giuseppe Verdi con il cilindro, per intenderci, ma tante sono state le donne immortalate su tela da lui, tutte appartenenti all’alta società nel periodo della Belle Epoque, eleganti, sofisticate, ognuna di esse dipinta non in modo statico ma come se stesse per dare inizio ad un movimento, un’azione o come se per entrambe il momento si fosse appena concluso. Femme Fatale, longilinee, dalla pelle chiarissima e i capelli scuri o rosso fuoco, con acconciature rese morbide dalle onde e dal volume, e il loro essere altere e allo stesso tempo voluttuose, seducenti e seduttrici. Chissà quante delle dame ritratte abbiano sedotto il pittore, Marthe ad esempio…ummmm…non è giusto toglierti il gusto di leggere il libro! Uscendo dalla mostra Serena ragionava tra se e me dicendo che le sarebbe piaciuto tanto vivere a Parigi, durante la Belle Epoque, proprio nel ruolo della dama ricca, ahahah…cara Serena…solo a lei sarebbe piaciuto!!! E ridendo su questo ci avviamo verso un’altra parte molto importante per Brescia, il complesso di Santa Giulia. A precedere quello che poi vedremo al suo interno la meraviglia del Tempo Capitolino
reperto archeologico di chiara epoca romana come parte di quello che il Santa Giulia contiene. Il complesso, Sito Patrimonio Unesco, è una meravigliosa sovrapposizione di epoche storiche e vita trascorsa e vissuta attraverso di esse, che formano un museo che si potrebbe definire un elogio alla memoria di questa nostra meravigliosa Italia. Il monastero di San Salvatore fu edificato in epoca Longobarda per volere dell’ultimo re longobardo Desiderio su un area che in epoca romana era già stata occupata da importanti Domus. Puoi immaginare la magnificenza di quello che troverai dentro, dal Coro delle Monache con il soffitto a volte e completamente affrescato, a mosaici perfetti che formano stupefacenti disegni per i pavimenti delle Domus romane, da croci longobarde, a fontane di epoca romana sempre realizzate per gli arredi delle ville patrizie. Devi prepararti ad una bella camminata perché il complesso si estende su un area espositiva di 14000 mt quadrati che vale assolutamente la pena visitare, credimi. La chiusura del museo è alle 17:30, noi procediamo verso Piazza Duomo, dove raggiungeremo Marta, l’amica di Serena che io ho avuto modo di conoscere durante una cena tutte insieme. Arriva con una busta prova dello shopping che ha fatto nella sua città, ci dice che ha comprato un regalino per la zia, e mentre la aspettavamo abbiamo avuto modo di visitare i due duomi, bello quello nuovo ma il duomo vecchio merita una menzione speciale e una foto che ti lascio qui di seguito.
Molto antico, particolare e unico nel suo genere, in un perfetto stato di conservazione, la visita all’interno è resa più suggestiva dalla diffusione di canti gregoriani, come se un coro di monaci stesse lì recitando le loro preghiere in musica.
Per me, Serena, Marta è stata poi la volta di un caffè ciaccolando tra donne del più e del meno, lavoro, amore, sogni etc etc…Lo stesso che poi, ad un certo punto della tua visita, farai anche tu con il tuo gruppo di amici. Spero che la Brescia vista da me ti sia piaciuta, ho cercato di trasmettere quello che abbiamo trovato visitandola, una città curata, fatta di gente operosa, disponibile, gentile, con la volontà di salvaguardare un patrimonio dal valore inestimabile. Mi auguro di averti fatto venire voglia di andare a scoprire la tua visitandola con la tua bella gita fuori porta alla scoperta di questa fantastica, variegata, stupefacente Italia.
Io ho già in programma altre città…a presto.