Una delle definizioni che lui da di sé è, “sono un ragazzo come una volta” che tutto sommato, di per sé, come frase, potrebbe anche sembrare semplice. Ascoltare Diego Rossi mentre si racconta e parlare con lui, per capire cosa scrivere nel presentarlo, significa entrare nel suo mondo animato da una curiosità che non conosce fine. Mangiare i piatti realizzati da lui, nel suo ristorante Trippa Milano, aiuta a capire già molto della sua personalità vivace, della sua intelligenza veloce, della sua propensione verso il futuro, con occhio e cuore rivolti anche a quelle tradizioni che si porta addosso come una seconda pelle. Gustare le sue creazioni significa anche rimanere affascinati dalla sua personalità prorompente. Veneto, di un paese in provincia di Verona che si chiama San Giovanni Lupatoto, quando arriva a Milano 5 anni fa ha già una Stella Michelin, ha già lavorato con chef importanti e continua a farlo per un po’ anche in questa città. Poi capisce che Milano è una piazza che friccica e che può rispondere bene al suo concetto di food. Per lui è tempo di puntare su di un progetto suo e lo fa optando per una cucina tradizionale, dove gli ingredienti sono poco raffinati, molto rispettati, scelti con estrema cura, cucinati con grande passione. La prima cosa che mi viene da chiedere, è se l’aver scelto di chiamare il ristorante Trippa Milano, voglia dire che il progetto sia poi di realizzare un Trippa New York, Trippa London etc etc, ed è lì che viene fuori il suo “sono un ragazzo come una volta”. Per spiegarmelo mi fa fare un giro del locale facendomi notare che, le foto alle pareti sono foto di famiglia, nell’anticamera del bagno c’è una tela regalo di sua mamma a cui lui tiene molto, in cucina c’è lui, la sua fantasia, la sua creatività, i suoi fuori carta dettati dal momento e quindi sempre diversi. Tutto questo è quello che rende Trippa non ripetibile e non omologabile, magari si potrebbero sviluppare altri progetti, ma non quello di ripetere questo ristorante in un’altra città. Ad esempio, un mondo che lo affascina moltissimo è il vino e lo sta studiando, ma non sui libri, come uno potrebbe pensare, ma con un progetto molto più audace. L’occasione capitata è stata quella di una casa vinicola nel veronese che decide di investire parte dei propri utili, finanziando tre progetti a tre giovani professionisti che si sono distinti nel loro settore di riferimento. Diego è uno di questi tre e chiede di poter realizzare un vino, tutto suo, partendo dalla coltivazione dell’uva, arrivando poi al vino finale, passando attraverso anni di studi analisi bilanciamenti, aiutato in tutte queste fasi da un vignaiolo e da un enologo. E poi ancora Diego fuma la pipa, ama le robe vintage, ha un’autentica passione per il buon cinema, quello di Gabriele Salvatores soprattutto, la madre lo chiama mentre stiamo parlando e a lui si illuminano gli occhi appena dice “ciao”, è accessibile, disponibile e in tutto questo suo modo di essere, risulta incredibilmente e adorabilmente umano. Ma attenzione a non prenderlo alla leggera, del resto nasce sotto il segno dello scorpione e nessun nato sotto questo segno (o con l’ascendente in questo segno) dovrebbe mai essere preso alla leggera. Determinato, motivato, forte, con quegli occhi appassionati che guardano sempre dritti dentro ai tuoi mentre ti parla, ha la grinta e la tempra di chi sa dove deve andare e come arrivarci, di chi o è bianco o è nero (troppe sfumature confondono le idee di chi è fortemente pratico), di chi, qualunque cosa accada, sa rigenerarsi e rinascere più forte di prima. Uno dei suoi cavalli di battaglia da Trippa è il vitel tonné a cui lui è riuscito a dare, forma, volume, colore, tridimensionalità dopo che questa ricetta ha passato secoli ad essere di un piattume disarmante! Se questi sono i presupposti, il suo vino farà meraviglie e non vediamo l’ora di assaggiarlo. Considerando però che per fare un buon vino servono 5/6 anni, nel frattempo che aspettiamo, godiamoci la ricetta che ci regala.
UOVO MORBIDO CON CREMA DI PATATE AL LIMONE, TARASSACO SALTATO by DIEGO ROSSI
Ingredienti
- 200 gr di patate a persona
- 200 gr di tarassaco a persona
- 40 gr di mollica di pane fresco a persona
- 20 gr di parmigiano grattugiato a persona
- 1 uovo a persona
- il succo di un limone a persona
- scorza grattugiata di 1/2 limone
- sale
- olio extra vergine di oliva
- tre filetti di acciughe a persona
Preparazione
- cuocere l’uovo al vapore a 65° per 37 minuti oppure in acqua a 65° (mettere l’uovo in acqua quando questa avrà raggiunto la temperatura)
- bollire la patata tagliata a filettini in acqua bollente salata
- scolare la patata quando è cotta e tenere da parte un po’ di acqua di cottura. Metterla nel robot da cucina, o nel bimby, o con l’aiuto di un minipimer e frullare la patata insieme al succo di 1 limone, la scorza grattugiata di 1/2 limone, 20 gr di olio, sale
- lavare il tarassaco, sbollentarlo per 1 minuto e 1/2 in acqua bollente salata, passarlo in acqua e ghiaccio, scolarlo
- saltarlo in padella con olio aglio peperoncino
- frullare non finemente la mollica di pane in un mixer
- tostarla in forno caldo a 140°
- condirla con olio all’aglio (10gr di olio) e parmigiano
Impiattare nel seguente modo:
disporre a cerchio la crema di patate nel piatto
rompere l’uovo sulla crema di patate
disporre il tarassaco intorno all’uovo
spezzetare i filetti di alici sul tarassaco
spolverare con la molica di pane il tarassacoterminare decorando l’uovo con un cucchiaio di estratto di carne