Sole, belle giornate, il mare, l’occasione per conoscere meglio la mia regione, Le Marche, è capitata durante le vacanze di Pasqua. L’idea è arrivata da Trenitalia e Slow Food e i loro Itinerari di pAssaggio , iniziativa promossa per la bella stagione 2019. Tra i 20 itinerari pensati, sparsi in 11 regioni italiane, con oltre 500 punti SlowFood da visitare, ne scelgo uno che, ça va sans dire (i francesi in realtà non usano questa espressione n.d.r.), parli delle Marche. Te lo racconto qui di seguito ma, non ti parlerò solo di cibo, troverai anche la storia di personaggi d’eccezione e cose meravigliose che ho avuto la fortuna di scoprire meglio durante il mio viaggio.
Pesaro
Dalla Stazione Fs al centro è un piacevolissimo tratto a piedi passando per Viale del Risorgimento costeggiando un parco alberato. La passeggiata porta dritto in Piazza Lazzarini dove la scena è tutta del Teatro dell’Opera Gioacchino Rossini.
Non è l’unico teatro della città ma certamente è il più importante, per via del Rossini Opera Festival che ospita ogni anno e perché è intitolato al cittadino pesarese più famoso nel mondo. Al Maestro Gioacchino Rossini la Città di Pesaro tributò tutti gli onori già mentre egli era in vita. Fu il Conte Giulio Perticari a volere, il 10 giugno del 1818, che Rossini presenziasse all’inaugurazione del teatro ricostruito sullo stesso luogo di un teatro preesistente del 17° secolo. Per l’evento andò in scena La gazza ladra che venne diretta dal Maestro in persona. La casa dove nacque Rossini è più avanti, proseguendo dritti su Piazza Lazzarini, che poi diventa Via Giovanni Branca, che poi si trasforma in Piazza del Popolo
alla fine della quale inizia Via Gioacchino Rossini.
Pensavo, ed ero certa, che tutto il palazzo
fosse di proprietà della famiglia di Rossini, me lo ero immaginato di famiglia agiata, benestante. Poi sono entrata e ho conosciuto Michela che quel giorno era di turno alla Casa Museo e che mi ha raccontato. Gioacchino nasce nel 1792 e abita con la madre, il padre, la nonna e la zia in due sole stanze poste al primo piano sulla destra.
Il padre è un pubblico trombetta cioè un banditore, un incarico ufficiale con il quale aveva il compito di richiamare la popolazione in piazza a suon di tromba per comunicare notizie che si riteneva opportuno i pesaresi sapessero. Suonava anche nella banda e nell’orchestra del paese. La madre, figura dolce e amorevole, è soprano ma inizia a cantare solo dopo il 1797, cioè dopo il passaggio di Napoleone in Italia, in quanto prima alle donne non era permesso esibirsi in teatro. A soli 5 anni Gioacchino inizia ad accompagnare la mamma e nel contempo, la sua naturale propensione per la musica viene nutrita sempre di più. Va via da Pesaro all’età di 9 anni, con tutta la famiglia, per ragioni di posizioni politiche del padre mal viste in città. Tornerà solo due volte nella sua città natale (di cui una nel 1818, appunto) e lascerà tutto il suo patrimonio accumulato nel corso della sua vita (Rossini diventò ricchissimo) alla Città di Pesaro. Nascerà la Fondazione Rossini e per espressa volontà del Maestro vedrà la vita il Conservatorio Rossini
che prima non esisteva. Enfant prodige, travolto dal successo, ad un certo punto si stanca di una vita fatta di lustrini, la vuole più semplice, che risponda ai “quattro atti di cui vale la pena godere nel corso di questa opera buffa chiamata vita” e cioè amare, mangiare, cantare e digerire. A 37 anni smette di scrivere per il teatro, continuerà a farlo solo per diletto e per gli amici e molte dei suoi canti scritti e raccolti nei Péchés de vieillesse (Peccati di vecchiaia) saranno legati al cibo.
La passione per la buona tavola sarà totale e lo farà diventare un grande esperto in materia, fino all’elaborazione di ricette squisite raccolte in dei libri. Michela è stata sensazionale, solare, gentile, con grande passione ed estrema disponibilità mi ha fatto conoscere meglio la vita del prodigioso Maestro.
Uscendo da casa Rossini il mare è andando ancora sempre dritto lungo la strada che poi diventerà Viale della Repubblica e che termina con i giardini in Piazza della Libertà. Al centro dei giardini c’è quella che oramai è diventata un simbolo della città, la Sfera Grande di Arnaldo Pomodoro.
Bella e ricca di significato, la sua lucentezza è esaltata dall’acqua della piscina a sfioro, al centro della quale si trova posta e nella quale si riflette. Fortunatissimi i discendenti del Dott. Oreste Ruggeri che abitano ancora le stanze del Villino Ruggeri,
splendido esempio di architettura Liberty del 1902 situato di fianco alla sfera, nel poter ammirare l’opera dell’artista tutti i giorni!
Non solo musica e arte, Pesaro è anche la storia dei motori, delle motociclette per l’esattezza, i mille metri quadri del Museo delle Officine Benelli in Via Mameli la raccontano. È il 1911 quando la Sig.ra Teresa Boni, vedova da quattro anni, vende dei terreni a Tavullia per dare ai suoi sei figli (Giuseppe, Giovanni, Filippo, Francesco, Domenico e Antonio Benelli) la somma di denaro necessaria ad aprire un’officina meccanica di precisione a Pesaro. La scelta si rivela avveduta, l’officina prende piede e diventa nota in città, ma il sogno dei sei ragazzi è quello di costruire moto e nel 1919 esce il primo modello di loro produzione.
Da qui sarà un crescendo di successo e di avanguardia che li farà rinascere persino dopo la Seconda Guerra Mondiale quando, nonostante gli stabili dove lavoravano circa 800 dipendenti fossero ridotti ad un cumulo di macerie a causa dei bombardamenti, decidono di ripartire convertendo in civili 1000 motociclette militari inglesi. Tra successi sportivi, grandi modelli di moto realizzati, vicissitudini familiari, l’azienda non cambia mai proprietà fino al 1972. Il museo si trova nei capannoni dove avevano sede le officine, ospita 150 modelli in esposizione permanente
tra Benelli e MotoBi che raccontanto la saga di questi sei fratelli, partiti da Tavullia spinti da una passione e da una madre fiduciosa che ha creduto in loro. È una di quelle storie che mi piacciono e a cui ripenserò per sempre (mi ripeto tra me e me) mentre per pranzo decido di spostarmi a…
Marotta-Mondolfo
La prossima volta che andrò,
sicuramente avrò cura di vistare anche la parte alta, Mondolfo, inserito nell’elenco de I Borghi più Belli d’Italia e di cui mi narrano meraviglie. Marotta invece è sul mare, era luogo di passaggio anche per gli Antichi Romani, nel XVI secolo è importante stazione di posta per il cambio dei cavalli lungo il tragitto sul litorale che va da Fano a Senigallia. Nel 1846 Papa Pio IX decide di far costruire la linea ferroviaria Ancona-Bologna, lungo la costa adriatica dei territori che sono sotto in controllo dello Stato Pontificio e Marotta comincia a diventare luogo di villeggiatura. Nel 1884 il Comune di Mondolfo decide di costruire, a proprie spese, la Stazione Ferroviaria dove poter fare scalo e fare turismo a Marotta diventa ancora più facile, inizia quindi ad essere una località balneare molto apprezzata. Molte case dei pescatori si trasformano nei primi ristorantini che cucinano per i villeggianti pesce fresco appena pescato. È esattamente la storia del ristorante dove mi sono fermata a mangiare
la rustita di pesce, El gatt. La storia del nome è legata ad uno dei vecchi proprietari, un pescatore di nome Pacifico soprannominato el gatt perché quando tornava dalla pesca era solito dare qualche pescetto ai gatti che, furbi e oramai conformati a questa abitudine, lo aspettavano di buon grado tornare. Oggi a gestirlo sono due sorelle, Donatella ed Emanuela, il pesce è di una bontà e di una freschezza uniche. Diciamo che la prossima volta che mi troverò a passare da quelle parti, visiterò Mondolfo e mangerò di nuovo a El gatt! Nel frattempo…
Ancona
…ho promesso a mamma e a Francesco che sarei tornata a casa con i cuccioletti in porchetta per cena e li vado a prendere in Ancona, in un posto che è leggenda. Cosa sono i cuccioletti? Le lumachine di mare, chiamate in mille modi diversi a seconda di dove vai ad esempio, cuccioletti è a Petritoli (cucciola è in dialetto l’equivalente di lumaca, quelle di mare sono piccole quindi da qui il diminutivo), in Ancona sono crocette, in molte altre parti d’Italia sono chioccioline e via dicendo. In porchetta perché spezia essenziale in cottura è il finocchio selvatico, Al Chiosco Da Morena sono un piatto irrinunciabile. Li prepara proprio lei la Signora Morena, suo marito li va a prendere all’alba, lei li cucina da 30 anni, da quando è entrata a lavorare in questo posto dopo sposata e che era del suocero. La passione dedicata a questa attività è stata tanta e tale che il suocero decise che il chiosco dovesse portare il suo nome. In Ancona è in centrissimo, di fianco alla Fontana delle 13 Cannelle,
realizzata così in epoca rinascimentale. La leggenda dice che il viaggiatore che voglia tornare a visitare la città debba bere da questa fontana. Aggiungerei che, visto che è lì, pure fare un salto da Lorena potrebbe essere una buona idea. Fanno parte anche del menù della cena anche le raguse (sempre lumachine di mare ma dal guscio più frastagliato) e i bombi (sempre lumache di mare ma più grandi).
Armati di pazienza per mangiare le lumachine di mare perché sono, come si dice in dialetto dalle mie parti per gli scampi, “mani unte e panza tribolata”, cioè fai un po’ di fatica senza saziarti tantissimo. Proprio per questo motivo, indispensabile la scarpetta con il pane nel sughetto di cottura delle lumachine. Il pane riempe molto di più e con quel sugo diventa una meraviglia…ummm…una vera goduria. C’è altro da vedere ad Ancona, Riviera del Conero a parte che meriterebbe una menzione tutta speciale, anche facendo solo due passi a piedi per il centro ti imbatterai ad esempio:
- nel Teatro delle Muse, dalla facciata neoclassica e dagli interni completamente all’avanguardia e contemporanei.
È l teatro più grande delle Marche e sempre in attivo con interessanti stagioni teatrali
- la Mole Vanvitelliana, la prova evidente che il Pentagono è un idea nostra chiaramente copiata dagli americani che lo hanno rifatto a Washington! Si estende su circa 20.000 mq
e venne progettato niente di meno che dal Vanvitelli per essere lazzaretto e luogo di stoccaggio delle merci, cioè il luogo dove venivano messe in quarantena persone e merci non sicure giunte al Porto di Ancona.
- l’Arco di Traiano che ci inganna, facendoci pensare che siamo noi ad ammirarlo mentre è lui, che dal 100 d.C., eretto per volontà dell’Imperatore Romano Traiano, dall’alto dell’eleganza della sua linea architettonica,
è lì a vedere la storia passare. È una delle testimonianza più importanti dell’epoca Romana e per la quale è proprio il caso di dire “se quelle mura potessero parlare…”
Pur essendo nata e cresciuta nelle Marche mi rendo conto di quanto sia a me ancora sconosciuto di questa meravigliosa regione.
A presto, dunque, con altri racconti!