Cartolina da “Amandola, tenace; resistente e bella proprio come un mandorlo…”

La leggenda narra che il nome derivi da un meraviglioso albero di mandorlo (in dialetto chiamato la mannola) che soggiornava nella zona ora occupata da Piazza Risorgimento. Oggi il mandorlo troneggia nello stemma insieme agli stilizzati tre colli (Agello, Leone e Marrubbione) che, unendosi, diedero vita, nel 1249, al Libero Comune di Amandola.

Il paese ha poi, fino al 1500, un periodo di grande fulgore legato all’attività manifatturiera tessile e di filatura della lana. Saranno proprio queste attività a rendere Amandola, nei secoli, il centro nevralgico di tutta la zona montana circostante. Ventitre le famiglie nobili che si succedono nel tempo, altrettante (e sicuramente anche di più) quelle appartenenti alla media e alta borghesia, diventa il Comune più popoloso dell’area montana fino ad arrivare a circa 12mila abitanti e, soprattutto, tiene il fulcro dell’attività politica, sociale, associazionistica e turistica di tutta la zona di riferimento.

Per tutto il 1800 e fino alla prima metà del 1900 è una cittadina artigianale e anche di servizi avendo sedi di uffici quali la Prefettura, l‘Ufficio Registro, la Casa Circondariale. Poi arrivano due grandi riforme a livello nazionale per la nostra Italia. Nel 1950, l’istituzione della Cassa del Mezzogiorno, si trattava di un ente pubblico creato per favorire lo sviluppo industriale di alcune zone del centro Italia e di tutta l’area del Sud Italia. Amandola potrebbe beneficiarne ma l’aristocrazia amandolese sceglie di non aderire spaventata dall’idea che il popolo si riversi nelle fabbriche. Ma i cambiamenti erano appena iniziati e nel 1964 viene abolita la mezzadria, il paese comincia a subire un decremento demografico che lo porta agli attuali, più o meno, 3.800 abitanti e molti degli uffici di servizi vengono chiusi.

Ma la storia è maestra, anche se noi ce ne accorgiamo di rado, e una cittadina che nasce come Libero Comune quasi all’inizio dell’Età dei Comuni, si sviluppa economicamente fino a diventare un punto di riferimento e anche appetibile per famiglie nobili come, i Malatesta da Rimini, Cesare Borgia, Francesco Sforza, i Signori di Varano, non può cambiare carattere perché se lo porta impresso nel DNA e così, Amandola, si reinventa, vira verso una vocazione turistica volta a far scorpire le sue meraviglie. Iniziamo qui a conoscerne alcune.

Risale a Medioevo l’edificazione di una cinta muraria di difesa ancora visibile come ancora lì al loro posto, una torretta di controllo

lungo Via dello Statuto e, Porta San Giacomo,

maestosa in Piazza Risorgimento, unica delle cinque porte d’accesso medievali ancora presente.

Sempre in Piazza Risorgimento si trova il Santuario del Beato Antonio

dedicato ad Antonio Migliorati, agostiniano amandolese al quale la città è molto devota. Venne beatificato nel 1759 (qualche secolo dopo la sua morte avvenuta nel 1450), quando gli vennero riconosciuti alcuni miracoli come quello di essere riuscito a fermare una compagnia di ventura che voleva saccheggiare Amandola, facendo scendere la nebbia sulla città.

Portali dettagliatemente decorati rendono ancora più belli i palazzi delle famiglie nobiliari e notabili che costeggiano le vie principali del centro storico fino ad arrivare alla Piazza Alta, il punto più alto della città situato sul poggio di Castel Leone. Qui si trova il Torrione del Podestà

collocato nell’area all’epoca di maggiore concentrazione economica-amministrativo e religiosa.

La visuale che si apre sui Sibillini da questo colle è sensazionale ed è capace di mettere una pace interiore forse ottenibili con ore di yoga e meditazione. Ma altri scorci non sono da meno come il panorama che si può godere da quello che è considerata la casa più antica di Amandola.

al suo interno conserva ancora delle vasche per la tinteggiatura della lana che la fa risalire a quando questa attività era fiorente in città.

Era uno dei lavatoi pubblici le Cinque Fonti, ce ne erano sette di zone dove poter lavare i panni e prendere l’acqua per la casa, queste sono quelle meglio conservate. Si trovano davanti all’antico monastero delle Monache e Chiesa di San Pietro e i cinque archi che le caratterizzano

sono sicuramente resti dell’antico chiostro delle Benedettine.

Le attività teatrali avevano preso vita in città già nel 1500 ma il Teatro La Fenice risale al 1700 e fu oggetto di un accurato rifacimento nel 1800 quando si ritenne necessario adeguarlo

alle nuove innovazioni apportate a tutti i grandi teatri italiani.

Il terremoto del 2016 ha colpito duro, molti edifici sono ancora inagibili ma la ricostruzione è in corso e non resteranno vuoti a lungo grazie a quello che gli amandolesi, davvero, mi pare di aver capito, non perdono mai, è la tenacia.

Amandola è situata sulla sinistra orografica del fiume Tenna, nella parte orientale del Parco Nazionale dei Monti Sibillini e proprio il parco è una delle attrattive turistiche maggiori dove poter praticare, trekking, pesca sportiva, escursioni in mountain bike.

Il Lago di San Ruffino è invece un invaso artificiale nato nel 1961 dopo la costruzione della diga che andava ad interrompere il corso del fiume Tenna per fare in modo di avere un bacino di raccolta acque. Ora questo lago è un vero e proprio ecosistema acquatico, il territorio circostante comprende molti percorsi naturalistici e si possono praticare molti sport come canoa, vela, equitazione e alla famosa regata di fine aprile oramai partecipano molti regatanti provenienti da ogni parte d’Italia.

Si svolge a metà marzo la fiera Diamanti a Tavola in cui si celebra il tartufo nero pregiato mentre quella di novembre rende onore al tartufo bianco dei Monti Sibillini. La particolarità di entrambe

è che solo i cavatori (i cercatori di tartufi) possono avere spazio per vendere i tartufi.

Prende il nome da un soprannome medievale attribuito agli amandolesi per via della loro attività di tintori di lana e stoffe, li paniccià (cioè quelli che fanno i panni), il Carnevale (chiamato, appunto, Carnevale de li Paniccià) la cui sfilata il Martedì Grasso prevede carri allegorici soggetti ad un severo regolamento stilato per la loro realizzazione.

La terza domenica di Agosto è dedicata al Beato Antonio che viene ringraziato dalla cittadinanza attraverso offerte di grano fatte con una rievocazione storica di lontana memoria. Nel 2020, questa Rievocazione Storica delle Canestrelle è entrata nell’albo delle rievocazioni storiche delle Marche.

E finalmente siamo arrivati alla parte che preferisco, il racconto della mia esperienza gastronomica nel giorno in cui sono andata a scoprire Amandola. La prima tappa è stata di “anni ’90 memories”, quando La Casa del Gelato aveva appena aperto i battenti, il proprietario era stato il pioniere del gelato artigianale fatto con buone materie prime, i suoi gelati erano qualcosa di sorprendente, si partiva la domenica per andare da lui a mangiarli. Dopo anni che non tornavo in Amandola è stato il primo posto che mi è venuto in mente di visitare ma invece del gelato ho preso dei maritozzi con la panna spaziali.

E poi ancora, pane e piconi (calcioni di formaggio tipici nel periodo pasquale nelle Marche) a L’ Albero del Pane, che ho pensato si potessero abbinare bene a del salame

che trovo in una macelleria che mi ha ispirata mentre passeggiavo per le vie. È il punto vendita della Fattoria Corradini, di proprietà di due ragazze che gesticono gli allevamenti (in campagna fuori Amandola) e lo spaccio aziendale dove vendono i loro prodotti che sono davvero dal produttore al consumatore. Il negozio è in un locale antico in Via Indipendenza

con dei soffitti a volta che lasciano senza fiato.

Queste sono le attività che, del tutto casualmente, ho scovato io ma di negozi ce ne sono davvero molti e lascio a te il gusto di scegliere dal quale farti piacevolmente meravigliare.

La mia mattina si è conclusa con un pranzo che aveva come oggetto il vero motivo della mia visita ad Amandola, le fregnacce, specialità tipica del paese. La Pro Loco ne organizza la sagra in concomitanza con la Festa del Beato Antonio in Agosto. Sagra a parte, la mia Regina delle fregnacce è stata invece la stupenda Giovanna, cuoca e proprietaria de La Gorbe e l’ua. L’ articolo con storia, origine e ricetta de le fregnacce,

scritto da me è finito su La Cucina Italiana e lo puoi trovare a questo link https://www.lacucinaitaliana.it/article/fregnacce-marchigiane-ricetta/.

Non so tu ma…io sto già pensando di tornare presto ad Amandola…magari Pasquetta?!? Ho già mente il percorso da fare prima di rifare un salto da Giovanna! Eh allora…ci vediamo su.