Cartolina da “Cerreto di Montegiorgio. Nel Medioevo più medievale che c’è!”

Pensavo di aver scoperto dell’esistenza di Cerreto il fine settimana del 24-25 marzo 2018. Ero nelle Marche, erano Le Giornate Fai di Primavera ed è stato leggendo dei luoghi aperti ai visitatori che questo paesino mi ha incuriosita. Non avevo la macchina, mi ripromisi quindi che ci avrei assolutamente fatto un salto appena avessi avuto disponibilità di un mezzo di locomozione. Santa Curiosità che mi fa vivere e la Disciplina che mi impongo a Cerreto sono andata il 19 agosto 2018! È stato soltanto leggendo (ero quasi arrivata verso la fine) uno dei volumi della collana “Quaderni Montegiorgesi”,

del quale mi hanno omaggiata durante la visita, che, come un flash, mi viene in mente quando in realtà ne avevo sentito parlare. Ero alle superiori e la mia adorata insegnante di inglese ci raccontava in classe della poetessa e scrittrice Joyce Lussu (donna dal temperamento forte, passionaria, intelligente e sempre spinta da grandi ideali) e dello stesso fatto che era scritto nel libro di cui sopra. Accadeva che, la marchigianissima signora (il padre era il Conte Salvadori Paleotti di Fermo, lei scelse come nome d’arte quello della cognata inglese abbinandolo al cognome del secondo marito), negli anni ’90, dopo averlo visitato, si innamorò del borgo di Cerreto e tentò di riportarlo ad essere abitato nelle sue antiche dimore e vivo come era un tempo. Ci riuscì, l’obiettivo per un periodo di tempo si concretizzò, Cerreto si ripopolò di famiglie che non avevano scelto di comprare lì la casa per le vacanze ma, avevano deciso di vivere in quel luogo adottando uno stile di vita lontano dal caos e dal consumismo, a contatto con la natura e la semplicità. Mi ricordo ancora che la mia professoressa raccontava di questo progetto come qualcosa di avveniristico, per l’epoca addirittura quasi visionario, considerando che l’Italia era ancora nel pieno del boom economico. Col senno di poi direi quasi che, la Sig.ra Lussu e la mia insegnate di inglese, avevano entrambe quella che, mi piace definire, una mente illuminata e futurista se pensiamo che oggi, la volontà e la necessità di tornare ad una vita più a dimensione d’uomo, a contatto con la natura, è una delle tendenze più forti specialmente tra chi vive in città. La poetessa scomparve nel 1998 e piano piano il suo progetto si esaurì con lei, ma non Cerreto, questo meraviglioso luogo è ancora lì, fiero nella sua umiltà, a raccontare la sua storia. Fa parte del Comune di Montegiorgio ma per raggiungerlo bisogna salire verso Rapagnano che è il paese più vicino. È costruito sopra un terreno rialzato dalle pareti scoscese a 204 mt sul livello del mare, cioè è costruito su una ripa, infatti il suo nome ufficiale era Ripa di Cerreto e deriva dal fatto che la zona è ricca di piante di cerro. Non si tratta quindi del solito castello costruito su di una collina che domina altre valli e colline ma, al contrario è circondato da colline più alte. La motivazione di questa posizione non è facile da individuare, se ne danno due come più possibili, una è quella che vuole questo luogo come sicuro per immagazzinare le produzioni agricole, l’altra è quella che lo indica come una fortificazione militare di controllo dello Stato Fermano sulla strada che andava dalla valle del Tenna verso Francavilla d’Ete (Macerata). Le prime tracce scritte di Cerreto risalgono al 1091 nella richiesta di Adalberto del fu Adamo che chiede ad Azzo vescovo di Fermo la concessione in affitto di 111 moggi di terra situati nel territorio di Rapagnano e Ripa di Cerreto. Il centro, anche se ha goduto in passato di propria autonomia organizzativa, è stato sempre storicamente sotto il dominio di Fermo (eccetto che per alcune breve parentesi), è stato comune fino all’epoca napoleonica durante la quale venne unito al Comune di Alteta (situato poco sopra di Cerreto) e dopo la Restaurazione tutti e due vennero annessi al territorio di Montegiorgio (che un tempo si chiamava Monte di Santa Maria in Giorgio). Prima dei terremoti che nel corso della storia si sono susseguiti e che hanno visto la perdita di alcuni palazzi, Cerreto, in una ricostruzione della prima metà del XVIII secolo, si presentava così:

ed in buona parte è quello che tu vedrai quando andrai a visitarlo o che hai già visto andandoci.

A destra, la costruzione che precede la cinta muraria è la Chiesa Parrocchiale di San Michele Arcangelo e Santa Dorotea, i santi protettori di Cerreto. La chiesa è di rara bellezza ed è, forse, almeno per come l’ho percepita io, la prova più evidente della volontà di questo borgo di restare vivo come grande testimonianza storica nel territorio della Marca Fermana. Un tempo i soffitti, le volte, le pareti di questa chiesa ospitavano affreschi abbelliti da ori e da stupendi colori, ora restano le mura perimetrali e il campanile a vela con le due campane. L’assenza del tetto in quanto crollato non fa percepire il luogo come qualcosa che sta definitivamente per essere raso al suolo ma, al contrario, aggiunge fascino a questa chiesa ora sconsacrata, che è stata ripulita al suo interno dalle erbacce e che ospita di frequente, quando la stagione lo permette, degli eventi culturali.

La porta che vedi a sinistra della ricostruzione è Porta Torre, cioè la testimonianza che la costruzione di questo castello avvenne allo scopo di controllare la strada che portava a Francavilla d’Ete. Era la porta di accesso al castello, una volta entrati si accede ad una salitina che porta al centro del castello.

La vecchia strada che conduceva a Francavilla non è più visibile, restano invece,

  • sopra l’arco a sesto acuto della porta, la forma precisa di dove era posizionato lo scudo con lo stemma di Cerreto
  • i cardini che reggevano il portone e gli alloggiamenti delle travi per sbarrarlo
  • la bocca da fuoco rotonda sulla sinistra del portone dalla quale potersi difendere in caso di attacco

Cerreto non ha mai superato come numero di abitanti i 450 nel corso della storia, quando smise di essere una fortificazione militare, cominciò ad essere abitata dalla gente comune che spesso ha faticato a trovare risorse economiche in questo piccolo borgo. Favorirono l’economia del luogo gli ebrei che in un periodo non molto ben definito abitarono Cerreto sviluppandovi delle attività finanziarie ed economiche. La cosiddetta Contrada degli Ebrei la riconoscerai facilmente, la trovi alla tua sinistra una volta arrivato al centro del borgo terminata la salitina dopo Porta Torre. È il piazzale con la grande vite che spunta dal suolo.

Altre attività di sostegno economico vennero istituite nel corso dei secoli a Cerreto, ad esempio

  • Il Monte Frumentario che in realtà non era una vera e propria opera di carità. Si trattava di una banca delle sementi, che venivano date ai coltivatori con impegno di restituzione, dopo il raccolto, di quanto prestato dal Monte con l’aggiunta di un 5% di interesse in raccolto.
  • L’Opera Pia Ranaldi nata dopo il lascito testamentario di Don Filippo Ranaldi di 240 scudi la cui rendita (di 13/14 scudi l’anno) doveva servire a fornire la dote alle ragazze più povere affinché si sposassero. All’epoca una donna non sposata era mal vista dalla società e senza dote non ci si poteva sposare.
  • Il terreno delle 100 pagnotte chiamato così perché la clausola del lascito testamentario del terreno prevedeva che con il raccolto del grano venissero fatte 100 pagnotte da distribuire ai poveri.

Alla tua destra, di fronte alla vite, c’è il grande palazzo che da sotto hai visto sormontare la cinta muraria. Dimora un tempo della Famiglia Rossi e sicuramente anche di altre ricche famiglie che governarono su Cerreto, sulla sua facciata puoi distinguere facilmente una porticina più piccola (ora murata) che nel Medioevo quasi tutte le case avevano.

Era la cosiddetta porta del morto, all’epoca si pensava infatti che far uscire sia i morti che i vivi dalla stessa porta fosse segno di oscuro presagio e quindi si costruivano sulle case queste porte laterali più piccole. Il paese poggia su tufo, questo è senz’altro il motivo della stabilità avuta nel tempo nonostante i terremoti che si sono susseguiti. Fatto tutto il giro del paese, al termine della discesa

che ti riporta di fronte alla Chiesa dei Santi Michele Arcangelo e Dorotea, a destra c’è la Grotta Castellana. Fino a poco tempo fa il prete la usava come garage per la sua macchina, ora non è più così, e sono belle da vedere le stratificazioni di tufo sulle volte della grotta,

in una di esse le stratificazioni formano dei cerchi perfetti.

Un’altra chiesa è degna di particolare nota, la Chiesa di Santa Maria delle Grazie, situata un po’ fuori il castello, seguendo la discesa segnata dalla strada principale di arrivo al borgo. Nasce sul luogo di una precedente cappella votiva dedicata alla Madonna per una grazia ricevuta. Perfettamente integra e ben conservata, ospita ogni domenica la messa festiva alla quale partecipano ancora ex cerretani spostatisi per lavoro in paesi limitrofi. L’interno è ricco di affreschi che hanno come protagonisti i personaggi più tipici dell’iconografia religiosa, come gli apostoli, l’Annunciazione, Santa Lucia, San Pietro etc. Bravissima è stata, nell’interpretare gli affreschi, Sara Giorgi Presidente della Federagit Ascoli Piceno e Fermo che era anche lei in visita a Cerreto per motivi di lavoro e dalla quale sono rimasta affascinata, quegli affreschi per lei non avevano misteri.

Per la visita al borgo ho chiamato un numero trovato su Internet associato googolando a Cerreto Medievale. Mi risponde Giuliano, gentile, felice che io lo abbia cercato, disponibile. È lui ad accogliermi a Cerreto insieme ad un’altra squisita persona Sandro, tutti e due mi accompagnano in visita al piccolo borgo. È nel 2011 che dalla volontà di questi due signori (Giuliano Clementi Presidente, Sandro Del Gatto Vice-Presidente) e di altri volontari nasce l’Associazione Rivivi Cerreto. Ed è dal loro impegno, dalla loro dedizione, dal loro lavoro, dal loro tempo libero occupato a recuperare spazi in quel di Cerreto che questo piccolo borgo, smette di essere quel paese fantasma di cui trovi scritto cercando in Google, per dare vita alla festa che più degnamente celebra questo luogo e le sue origini, Cerreto Medievale. Ogni anno, l’ultimo fine settimana di Maggio il borgo si popola di cantastorie, artisti di strada, funamboli, cartomanti, cavalieri, falconieri, suonatori, cantine, locande e tavolate ricche di cibi medievali

riportando vitalità ad un borgo medievale che, per i membri dell’Associazione è un luogo del cuore conosciuto da sempre, per tutti noi “non di Cerreto” è fare un tuffo in un epoca storica che ognuno di noi, in qualche modo si porta dentro nel DNA perché, che ci crediate o meno, siamo anche il frutto della storia del nostro territorio. La festa per l’Associazione Rivivi Cerreto è un impegno che coinvolge anche le proprie famiglie, è un lavoro svolto con passione che fa:

  • nascere l’arena che ospita gli spettacoli dei suonatori e degli artisti di strada

  • ripulire la Chiesa di San Michele Arcangelo e Santa Dorotea dalle erbacce e fa posizionare dei banchi perché il pubblico possa assistere agli eventi culturali

  • diserbare dalle erbacce degli spazi che poi si sono rivelati utili per ospitare gli stand durante la festa

La festa è la tenacia di alcuni nel dare ancora voce ad un luogo che altrimenti sarebbe dimenticato. Partiti con una prima edizione alla quale parteciparono soltanto 20 persone l’edizione del 2018 ha fatto contare ben 6000 presenze. Che devo dire, volendo esprimere un opinione del tutto personale, è sempre preferibile un buon risultato arrivato nel tempo e frutto di un reale valore aggiunto, piuttosto che l’immediato e continuo sbandierare ai quattro venti di medaglie che a prima vista sembrano lucenti ma che si preannunciano dal risultato incerto.

Nota (quest’ultima) del redattore a parte, correggo subito quanto scritto sopra, scrivendo in ultimo ma non per ultimi di due grandi personaggi attuali di questo borgo. Cerreto non sarà dimenticata affatto fino a quando ci saranno persone come Tommaso e sua moglie Maria Antonietta e la loro casa. Amano questo luogo fino all’inverosimile e lo amano così come è, cioè come il concetto vero e proprio di amore vuole che si ami qualcosa o qualcuno, senza il desiderio di volerlo cambiare. Vivere qui per loro è una scelta, essere ospitali è una forma naturale del loro essere, sedermi nel loro salottino all’aperto (che allestiscono durante la bella stagione nella loro veranda) è stato un onore, conversare seduta insieme a loro raccontandoci è stato un privilegio. A rovinare un po’ la pace…solo la mia atavica e sciocca (oramai) paura dei gatti! Se è vero che le paure nascono per essere superate…allora non ho dubbi…supererò anche questa…o almeno lo spero!!